mercoledì 23 dicembre 2020

 Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Le belle storie di Fotografia, raccontate da Mosè Franchi per ImageMag

Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.




L’AUTORE DEL GATTOPARDO
Non era possibile un altro titolo. Il 23 dicembre 1896 nasce Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del romanzo “Il Gattopardo”, l’unico della sua vita; pubblicato post mortem nel 1958 dall’editore Feltrinelli, su suggerimento su Giorgio Bassani.
L’autore era deceduto il 23 luglio 1957 per una neoplasia polmonare. Curiosamente, come l’antenato protagonista de "Il Gattopardo", Giuseppe Tomasi di Lampedusa muore in una modesta camera d'albergo a Roma, lontano da casa, in un viaggio intrapreso per cure mediche. Il suo romanzo vincerà il premio strega nel ’59.
La trama del libro è ambientata in una Sicilia che sta cambiando, perché incalzano tempi nuovi, dopo l’impresa dei Mille. Tutto ruota attorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, e la narrazione restituisce una Sicilia viva, moderna, pur nel momento storico e politico che stava vivendo.
Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film, diretto da Luchino Visconti (1963).
Ne abbiamo parlato con Giovanni Gastel, nipote del regista.
Ci ha detto: “La pellicola è stata girata in presa diretta, per cui ogni attore parlava la sua lingua”. “Negli USA la versione doppiata non fu accolta benevolmente”. “Andò meglio l’originale”. “Claudia Cardinale fu costretta a parlare lingue differenti a seconda degli attori”. “Fu difficile la scelta di Burt Lancaster, abituato com’era ad altri generi; poi l’attore disse che incarnare il principe risultò abbastanza semplice, perché bastava seguire le indicazioni di Luchino”.
Abbiamo chiesto a Gastel del rapporto tra libro e film. Lui ci ha risposto: “I due lavori, finalmente, si equivalgono”. “Forse l’edizione cinematografica è più potente, come è stato per Morte a Venezia (tratto dal libro di Thomas Mann)”.
Il fotografo ha aggiunto: “I costi aumentavano in continuazione e la Titanus ebbe delle difficoltà economiche”. Famosa, nel film, è la scena del ballo, che in molti volevano fosse tagliata. “A opporsi”, ci ha raccontato Gastel, “E’ stato Palmiro Togliatti, che Luchino aveva conosciuto durante la prigionia”. “Luchino era vicino alla sinistra e anche ai temi sociali, quelli che volgevano al cambiamento”.
Per finire, abbiamo chiesto al fotografo se, nella professione, abbia tratto ispirazione dal lavoro dello zio Visconti. “Sì”, ci ha risposto, “Ma non nel cosa, bensì circa il metodo”. “Luchino mi diceva sempre:<Devi fare bene ciò che vuoi intraprendere, senza considerare dove il tuo impegno potrà portarti>”. “<Fai del tuo meglio e di sicuro riuscirai”. “Pur di ultimare un film, Luchino ha venduto degli stabili, delle ville”. “Il suo fine non era il denaro, né la fama; ma la buona riuscita dell’opera”.
La fotografia. Alain Delon e Claudia Cardinale in una scena del film.

martedì 22 dicembre 2020

 

Carla Bruni

Le belle storie di Fotografia, raccontate da Mosè Franchi per ImageMag

Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.




NASCE LA MOGLIE DEL PRESIDENTE

Anticipiamo di un giorno. 

Carla Bruni, all’anagrafe Carla Gilberta Bruni Tedeschi, nasce a Torino il 23 dicembre 1967 da una ricca famiglia d’industriali di origini ebraiche. 
La madre, la pianista Marisa Borini, è anch’essa un personaggio noto, perché ha spesso preso parte ad alcuni film dell’altra figlia, Valeria Bruni Tedeschi, stimata attrice e regista.
A 19 anni Carla abbandona la facoltà di architettura della Sorbona per intraprendere la carriera di modella, diventando una delle top model più famose degli anni Novanta. 
Nel 1998 lascia le passerelle per dedicarsi a un’altra sua grande passione, la musica. Nel 2002 inizierà la carriera di cantante.
Nel novembre 2007, conosce l’allora Presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, che sposa il 2 febbraio 2008 al Palazzo dell’Eliseo, con una breve cerimonia in forma civile.
Che dire ancora? Bisognerebbe fare del gossip. I suoi amori sono stati tanti. Si parla di Mick Jagger e Eric Clapton. Poco importa.
Una curiosità. Nell’album “Comme si de rien n'était” (2008) Carla canta due cover: una di queste è una versione personale del brano “Un vecchio e un bambino” di Francesco Guccini. Strano al solo pensiero.

Circa i fotografi, con Carla Bruni ne potevamo scomodare parecchi (Irving Penn e Herb Ritts tra questi). Abbiamo preferito rivolgerci a Antoine Verglas, anche per cambiare.
Lui è nato a Parigi (1962). Ha iniziato la sua carriera dall'altra parte dell’obiettivo, lavorando come conduttore in un popolare programma televisivo francese. 
Nel 1990, si trasferisce a New York, dove inizia la sua carriera di fotografo, con coraggio e dedizione. Ha prodotto una serie d’immagini, per la francese Elle, nelle quali presentava alcune delle top model emergenti nelle loro abitazioni (Stephanie Seymore, Linda Evangelista, Naomi, Claudia Shiffer e Cindy Crawford e altre). Ne è nato uno stile, che ha permesso a Verglas di lavorare per le migliori riviste di moda del mondo: Elle, Esquire, GQ, Maxim, Sports Illustrated e Vogue.
La fotografia. Carla Bruni, Antoine Verglas. 1991.

lunedì 21 dicembre 2020

NASCE LA PALLACANESTRO

Le belle storie di Fotografia, raccontate da Mosè Franchi per ImageMag

Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.






Un po’ per passione, ci prendiamo una piccola pausa fotografica.
Andremo a braccio, per cui sarà possibile qualche errore. Il 15 dicembre 1891 nacque la Pallacanestro, per merito del dottor James Naismith, professore di educazione fisica oltre che medico. La prima partita venne disputata il 21 dello stesso mese.
Siamo a Springfield, nel Massachusetts; e all’insegnante venne commissionata l’ideazione di uno sport che si potesse praticare al chiuso, durante i rigidi mesi invernali.
Lui volle una palla tonda (non ovale, come quella del football), che andava indirizzata dentro un cesto di vimini affisso a un palo.
Da notare che a ogni segnatura un addetto, salendo una scala, doveva togliere la palla. Tempo dopo, al canestro venne praticato un foro e fu affisso a una balconata della palestra. Ne risultò un’altezza da terra di 3,05 metri, misura che rimarrà fissa fino ai giorni nostri, perché di un alto valore storico.
Tante regole sono cambiate nel corso degli anni e il basket si è sempre rinnovato. Resta però la tradizione, che viene conservata soprattutto negli USA. Ci viene in aiuto un film, “Colpo vincente” (1986), di David Anspaugh, con Gene Hackman.
La pellicola narra la storia vera di una piccola squadra, gli Huskers di Hickory (un piccolo paese dell’Indiana) che riescono a vincere il campionato dello stato. Gli Indiana Pacers, squadra militante nell’NBA, per celebrare il 30° anniversario del film, indossarono in molte partite la divisa commemorativa degli Huskers.
“Colpo vincente” ci permette di ricordare un altro attore presente nel film, Dennis Hopper: regista (sua la direzione di Easy Rider) e fotografo: uno di noi, quindi; lui è stato “un cattivo” dello schermo, ma un’artista sensibile nella vita, in grado di regalare scatti di grande qualità.
Si è sempre distaccato dalle istantanee. Era interessato viceversa “agli aspetti formali della fotografia, alla composizione, alle linee che creano un campo”. Il paragone potrà sembrare forzato, ma Dennis era in grado di cogliere quell’attimo tanto caro a Henri Cartier Bresson. Come quest’ultimo, poi, non tagliava mai le sue opere: una volta scelta l’inquadratura, quella compariva nel risultato finale.

Per un fotografo di “attimi”, ecco uno sport che vive degli stessi. In tanti ricordano tiri a canestro che gonfiano la retina mentre suona la sirena: è il basket, con tutte le sue leggende.

La fotografia. La squadra Campione dell’Indiana nel 1954 


GISÈLE FREUND


Le belle storie di Fotografia, raccontate da Mosè Franchi per ImageMag

Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.






Gisèle Freund, fotografa tedesca naturalizzata francese, nasce a Berlino il 19 dicembre 1908.
Proveniente da una famiglia ebrea tedesca della classe media, ha ricevuto le sue prime macchine fotografiche dal padre, un collezionista d'arte. Contro il volere della sua famiglia, s’iscrive a una scuola per figli di lavoratori e, successivamente, studia sociologia e storia dell'arte a Friburgo, poi a Francoforte, con l'intenzione di diventare giornalista. Alla fine decide di dedicarsi a una tesi sulla commercializzazione dei ritratti fotografici in Francia nel XIX secolo.
Membra dei giovani socialisti di Francoforte, temendo persecuzioni, si rifugiò a Parigi nel 1933.
Alla Biblioteca Nazionale di Francia, dove proseguì la sua tesi, iniziò la sua attività di ritrattista. Nel 1936 fece amicizia con Adrienne Monnier (editrice e proprietaria di una libreria) e incontrò gli scrittori francesi ed espatriati che frequentavano la sua libreria in Rue de l'Odéon.
Nello stesso anno ottiene la cittadinanza francese e due anni più tardi inizia a utilizzare una pellicola 35mm a colori per ritratti di artisti, scrittori e intellettuali.
Ritrae, fra i tanti: Louis Argon, Jean Cocteau, Colette, Simone de Beauvoir, Marcel Duchamp, André Gide, James Joyce, Virginia Woolf. Allo stesso tempo si dedica all’attività di fotoreporter documentando fatti di cronaca.
I suoi servizi vengono pubblicati regolarmente su riviste come “Vu, Weekly Illustrated” e “Life”. Ha realizzato, tra le altre cose, una serie di fotografie di James Joyce scattate nella sua vita quotidiana.
Nonostante la sua naturalizzazione per matrimonio, dovette fuggire dalla Francia occupata.
Si stabilì a Buenos Aires e poi viaggiò in tutta l'America Latina. Alla fine della guerra, torna a Parigi e, nel 1947, firma un contratto con l'ufficio parigino della Magnum. Si reca ancora in America Latina per lavorare sulla Patagonia e per una serie di fotografie dedicate a Eva Peron
Poi si stabilisce per due anni in Messico, dove incontra l'artista Frida Kahlo, che ritrae all’interno del suo mondo insolito.
Nel 1953 rientra a Parigi.
Nel 1981 le viene commissionato il ritratto ufficiale del Presidente francese, François Mitterand. Freund viene nominata Officier of Arts et Lettres nel 1982 e Chevalier de la Légion d’Honneur nel 1983.
Freund muore a Parigi il 31 marzo 2000.
La fotografia: Virginia Woolf, 1939. Gisèle Freund. Copertina del libro “Ritratti d’Autore”, Silvana Editoriale (2007).

venerdì 18 dicembre 2020

Steven Spielberg


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Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.



IL REGISTA DI UN’EPOCA 


Il 18 dicembre 1946 nasce Steven Spielberg regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e televisivo. 
La sua filmografia è imponente: circa i lungometraggi, si parte da “Duel” (1971), per arrivare a “Ready Player One” (2018). In mezzo tanti titoli, che lasceranno una traccia nella storia del cinema: belli da ricordare e rivedere (E.T., Minority Report, Schindler's List, Salvate il Soldato Ryan, la saga di Indiana Jones e tanti altri). 
A noi, qui, piace celebrare l’inizio della “favola” Spielberg. Cortometraggi a parte, la pellicola d’esordio del cineasta americano è stata certamente Duel, che peraltro ha una firma “hitchcockiana”: il regista appare in un’immagine riflessa da una cabina telefonica. Il protagonista è all’interno e sta telefonando alla polizia. 
Ovviamente si tratta di un attimo, perché nella sequenza successiva tutto scompare. Il film vince su più fronti: nei tempi, nel ritmo, nel senso dell’azione. A Spielberg bastano pochi ingredienti per tenerci incollati alla poltrona: un’auto e chi la guida, un camion (del suo autista si vedono solo gli stivali) e tante comparse occasionali qua e là, in uno scenario western; il resto è spazio, tanto, infinito, l’ambito ideale dove sentirsi soli e indifesi. 
Tra il “bestione” della strada e la berlina inizia qualche scaramuccia: sorpassi non concessi, tagli della strada e via dicendo. Dopo una sosta presso una pompa di benzina, inizia la vera lotta, il duello. Il “grande” vuole tamponare il “piccolo”, prepotentemente; in una sfida priva di retorica. Perché, guardando il film, non si fa il tifo per nessuno, tantomeno per un “buono” contro un “cattivo”. 
E’ il divenire tutto a sorprendere, per via di un ingrediente fuori campo: il fatto che l’evento possa essere possibile anche per noi osservatori. Tutti abitiamo la strada e tante volte ci hanno dato i fari: i fermenti del Duel, anche se rari, sono dietro l’angolo. Alla fine il camion avrà la peggio, precipitando in un burrone; e si lamenterà come un animale ferito. 
Applausi. 
Una nota importante. Il lungometraggio era nato per la TV e il successo arriverà dall’Europa. Spielberg, nel 1971, sarà anche a Roma, dove incontrerà Federico Fellini. I due passeggeranno per la capitale, col regista romagnolo a fare da cicerone. Sarebbe stato bello rimanere in loro compagnia. Salutiamo quindi Steven Spielberg. I suoi film hanno occupato la vita di tanti e un’epoca intera. Tra molti anni, forse parleranno di “un’era” Spielberg: noi c’eravamo e siamo stati fortunati. 


 La fotografia: una scena del film Duel.

giovedì 17 dicembre 2020

Brad Pitt


Le belle storie di Fotografia, raccontate da Mosè Franchi per ImageMag

Uno sguardo al passato per guardare al futuro con un occhio migliore.



BRAD PITT FOTOGRAFO
Anticipiamo di un giorno, Brad nasce il 18 dicembre 1963.
Attore e regista, bello come non mai: questo è Brad Pitt, un ragazzo dell’Oklahoma, oggi tra gli attori e registi maggiormente apprezzati al mondo.
La sua relazione con Angelina Jolie ha animato le cronache giornalistiche del globo; anche lei è bella, famosa, quasi inafferrabile: dal fascino androgeno o femminile, a seconda delle necessità. Straordinaria. La coppia ha vissuto d’immagine (la propria) quasi con naturalezza: sia dietro la macchina da presa, ma anche nelle frequenti apparizioni sui rotocalchi di gossip; lui accennava sempre un sorriso, lei ti affondava con lo sguardo.


Brad è appassionato di fotografia al pari di altri personaggi famosi, artisti per lo più; ma anche politici, scrittori, gente di cultura. La cosa non deve meravigliare, perché la nostra passione vive nella mente, nell’idea; e diventa disciplina quando ci impone di informarci, di rimanere adesi alle tendenze correnti, agli accadimenti, ai linguaggi espressivi della nostra epoca.
Ecco che allora le “celebrità appassionate” si spiegano da sole: possiedono quella sensibilità in più che consente loro di apprezzare la fotografia, per usarla poi come si conviene.
Del resto, la storia ce l’ha insegnato: Ansel Adams, proprio lui, era un valente pianista; Weegee arrotondava gli introiti accompagnando al violino i film del muto. Questo per dire che la fotografia può dare, ma che a essa bisogna offrire: qualità, sensibilità, sapere. Un filo rosso lega tutti i fotografi del mondo, “amatori” o professionisti che siano: il desiderio di esprimersi per coloro che vorranno guardare. Si parte quindi dall’io, per arrivare agli altri: passando per un “noi” ben popolato di “cose” buone.
La fotografia. Brad Pitt e la sua Hasselblad - Esquire Magazine – Luglio 2013